Lui & Lei
Proverbiale pazienza 1
di geniodirazza
05.02.2023 |
3.311 |
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"Mi sfilò la gonna e lo slip e si dedicò con tenacia e delicatezza alla figa, leccando dalle ginocchia alle grandi labbra e scendendo di nuovo fin quasi ai..."
La prima volta che incontrai Manlio fu all’Università; lui era vicino alla laurea in ingegneria; io fingevo di studiare Lettere ma preferivo passare il tempo divertendomi con gli amici con cui passavo interi pomeriggi e serate, qualche volta anche intere notti, tra bar, discoteche e luoghi di ritrovo; la privilegiata condizione di mio padre, imprenditore abbastanza conosciuto nel territorio, mi consentiva di fare una vita comoda e agiata.Dai miei genitori avevo ricevuto un’educazione fondata sui miei capricci; non dovevo neppure desiderare che venivo già soddisfatta ampiamente; non rendevo conto di quel che facevo, sprecavo o dilapidavo, perché da sempre ero stata abituata a fare i capricci e a vedere soddisfatte le mie richieste, anche le più assurde; mio padre, perennemente distratto dal lavoro, conosceva a malapena il mio nome; mia madre pazientava e mi copriva.
Nella città universitaria avevano comprato per me un miniappartamento che avevo presto imparato ad usare come alcova delle mie scopate abbastanza frequenti; progressivamente, andai sempre meno spesso a casa dei miei, anche per le esigenze quotidiane; mi ero sistemata abbastanza bene per pranzare e cenare in una trattoria convenzionata, poche volte alla mensa universitaria; mi servivo della lavanderia per i miei bisogni.
Per il resto, mi godevo il bengodi presentandomi di tanto in tanto, per giustificare ufficialmente il ruolo di universitaria, a qualche esame più leggero che superavo bene specie se lo facevo con un assistente, o anche un docente, giovane e che potessi affascinare con abiti, mossettine e sorrisi condiscendenti; ma la mia ‘sede di lavoro’ privilegiata erano i bar dove sapevo che, nei bagni, ci si poteva sfrenare con una certa libertà.
Per il primo anno mi limitai e cercare ragazzi super eccitati dai quali mi lasciavo accompagnare in bagno e, difendendo quasi strenuamente le mie verginità, mi limitavo a succose succhiate; avevo già maturato una certa esperienza negli anni delle medie, inferiori e superiori, nella mia cittadina; mi fu facile quindi perfezionare la mia tecnica e diventare presto una gola profonda ammirata e ricercata da tutti i cazzi che giravano per bar e discoteche.
Non ero una fanatica e non facevo pompini ad ogni pie’ sospinto; ma, mediamene, un paio di volte nella settimana mi appartavo per prendere in bocca un cazzo di notevole stazza, titillarlo a lungo e sapientemente per poi farmi chiavare in gola con somma goduria del soggetto di turno; godevo molto anch’io, specie se il cazzo era di soddisfacente dimensione e il soggetto era abile e disposto a partecipare con gioia alla fellazione.
Dopo l’anno ‘di rodaggio’ decisi che era il caso di concedere altro alla passione; sperimentai innanzitutto, con gusto, la scopata tra le tette decisamente grosse e morbide, adattissime a spagnole di grande lussuria; imparai presto, con cazzi adatti, a far concludere in bocca abbinando il pompino alla spagnola; dopo il periodo di ‘gola profonda’, decisi di dare il culo ad un ragazzo che mi stimolava moltissimo.
Per farlo, decisi di usare il mio alloggio e, anziché nel solito bagno, me lo portai a casa; appena dentro, ci baciammo con una passione nuova ed intensa, al punto che ebbi alcuni orgasmi leggeri ancora col vestito addosso e il suo cazzo contro la figa, ma da sopra ai vestiti; mi abbassai seduta si talloni, gli sfilai il pantalone e lo slip e mi presi in faccia, prima, e in bocca, poi, il suo cazzo decisamente grosso, quasi venti centimetri con grande cappella.
Rimasi affascinata e mi scopai in bocca per un tempo abbastanza lungo, considerato che finalmente non dovevo preoccuparmi di chi bussasse per usare il bagno; nell’occasione feci ricorso a tutta l’esperienza che avevo maturato e lo mandai letteralmente ai pazzi con le lunghe e profonde leccate, la chiavata in bocca, lungo il palato fino all’ugola, ed anche con piccoli orgasmi che, mentre mi masturbavo, gli trasmettevo dalla figa per la bocca.
Quando presi coscienza che lo volevo almeno nel culo, per continuare a salvaguardare, per un residuo di cultura clericale, la verginità dell’imene, non ebbi nessuna esitazione; dal bagno prelevai il gel che avevo tenuto inutilizzato per tutto quel tempo, mi spogliai nuda e feci altrettanto con lui; rimase alquanto disorientato dalla mia iniziativa e determinazione; poi si adeguò; lo avvertii che gli offrivo solo il culo e prese l’iniziativa.
Mi sistemò a quattro zampe sul letto, col corpo sporgente oltre il bordo; si accovacciò dietro di me e cominciò a leccare devotamente e sapientemente il sesso, dal pube al coccige, soffermandosi sui buchi e infilando la lingua nella figa e nel culo; proseguì nella stimolazione alternando lingua e dita che infilò nei due buchi prima uno per volta, poi due insieme, badando a non eccedere nella figa per non sverginami.
Gli raccomandai di prepararmi per benino senza provocare danni; il gel era leggermente anestetizzante e mi avevano garantito, in farmacia, che avrei avvertito solo una leggera fitta; difatti, quando ne sparse sulle dita, avvertii chiaramente che nel culo ne entravano anche tre e ruotavano per rendere lo sfintere più morbido e disponibile; ma non ebbi sensazioni dolorose e anzi godetti molto della novità.
Quando fu pronto, mi avvertì che stava per sfondarmi; sentii la cappella accostarsi all’ano e provai brividi di piacere; seguii con la mente e col corpo l’entrata progressiva della mazza, centimetro per centimetro, dentro il canale rettale; lo fermai un momento quando lo sfintere diede segni di sofferenza; ma fu un attimo; spinsi indietro il culo e il cazzo fu nel mio intestino con un dolore sopportabile che superai con una breve sosta per adattare il corpo all’invasione.
La cavalcata fu lunga e centellinata; mi scopava lentamente, quasi per prendersi tutto il piacere che dava alla mazza lo sfintere stretto intorno e che a mano a mano si rilassava e la abbracciava; io godevo infinitamente di più ed ebbi una serie infinita di piccoli orgasmi; quando sentii i coglioni battere decisamente sulla figa, capii che era tutto dentro e lo fermai un poco con le chiappe contro il ventre per godere del calore reciproco.
Per il ‘sacrificio’ dell’imene, preferii aspettare un’occasione veramente ghiotta; la volta che incontrai un ragazzo molto bello e corteggiato, mi impegnai al massimo per portarmelo a casa e lì gli dissi senza mezzi termini che volevo che mi sverginasse perché volevo avviarmi al godimento massimo e sublime; fui fortunata perché fu particolarmente elegante e dolce; la penetrazione si svolse nella maniera più semplice e lineare.
Cominciò baciandomi come un innamorato vero; in breve, sentii la sua lingua spaziare largamente in tutta la bocca fino a farmi sbavare di voglia e di piacere; mi spogliò prima il sopra e si abbassò a leccare dolcemente i seni che avevo grossi e carnosi; poi si dedicò alle aureole che deliziò con tocchi di lingua davvero esaltanti; io godevo e colavo dalla figa, in continuazione; poi afferrò in bocca i capezzoli e li sollazzò a lungo con le labbra e coi denti.
Mi sfilò la gonna e lo slip e si dedicò con tenacia e delicatezza alla figa, leccando dalle ginocchia alle grandi labbra e scendendo di nuovo fin quasi ai piedi per risalire in cima; quando prese in bocca le piccole labbra, mi sentii portare in paradiso e, subito dopo, l’aggressione delle labbra e dei denti al clitoride mi aprì una nuova prospettiva di libidine, fino a quel momento solo vagamente intuita; il desiderio di sentirlo nel ventre si fece irresistibile.
Mi spinse supina sul letto, divaricò con le gambe le mie e accostò il cazzo; lo sentii tormentarmi il clitoride con la cappella e urlai per un orgasmo mai avuto prima; quando la mazza cominciò ad entrare in vagina, il ventre mi si aprì voglioso e mi sentii spaccare in due, dalla figa al cervello; avvertii appena la fitta dell’imene che saltava; nell’eccitazione della grande scopata, neppure ci feci caso; ne ebbi coscienza solo dopo, lavandomi il sangue dal ventre.
Fu come si spalancasse un’autostrada; al consultorio mi feci prescrivere la pillola e, da quel momento, la mia figa stette ferma solo raramente per un giorno intero; presa dalla frenesia di possedere il cazzo, ne divorai in un mese più di una decina; nessuno si azzardava a contestare o a fare commenti, dal momento che da sempre la mia volontà si era imposta a tutti e mi ero abituata a fare sempre e solo di testa mia.
Manlio fu uno dei tanti che passarono dal mio letto, in quel periodo; l’unico motivo per cui lo notai fu perché mi chiese di presentarlo a mio padre al quale intendeva proporsi per un lavoro congruo alla laurea che stava in quel periodo conseguendo; poiché non mi costava niente e potevo fare un favore ad un amico, lo accontentai; dopo avere avvisato mio padre, lo accompagnai all’ufficio dove non mi fecero storie; li lasciai che parlavano in termini che non mi interessavano.
Solo dopo qualche giorno mi comunicò raggiante che aveva incontrato in mio padre una persona meravigliosa che gli aveva aperto prospettive importanti; lo ascoltai distratta, perché stavo aspettando un ragazzo a cui avevo promesso un pompino magistrale; lo liquidai con un saluto affettuoso e corsi dal mio partner occasionale; in quei mesi, seppi che era entrato nelle grazie di mio padre; si stava facendo strada in fabbrica; di tanto in tanto, mi scopava con gusto.
La proposta di mio padre, dopo qualche mese, mi arrivò come una tegola tra capo e collo; confermatosi nell’opinione, peraltro diffusa nell’ambiente, che Manlio fosse il giovane dirigente più adatto ad ereditare da lui la direzione dell’azienda; convinto che fosse il mio ragazzo perché qualche volta ci aveva sorpreso che ci baciavamo, mi avvertì che intendeva ritirarsi dagli affari, perché ormai stanco e vecchio, anche se superava di poco il mezzo secolo.
Per dare ordine alle sue cose, intendeva lasciare la direzione amministrativa al suo ‘pupillo’ e la nuda proprietà dei beni a me, unica legittima erede; nella sua logica, non vedeva impossibile anche un matrimonio tra me e Manlio, per le affettuosità che ci aveva visto scambiare; lui avrebbe garantito l’assoluta certezza che l’azienda avrebbe prosperato e raggiunto livelli altissimi in Europa; ebbi la prontezza di chiedergli di farmi riflettere sulla proposta e, soprattutto, sull’idea del matrimonio.
Un legame così impegnativo era l’ultima idea che potesse venirmi; ma diventare ‘padrona del vapore’ solleticava la mia vanità; per quanto riguardava i rapporti con mio marito, ritenevo che, considerata la dabbenaggine che non gli aveva fatto vedere il mio regime di vita, non avrei avuto problemi a mantenere il mondo che mi ero costruita e continuare a incontrare i maschi che mi attizzassero comunque e dovunque volessi.
Accettai la proposta e mi trovai ad essere la ‘padrona’ di mio marito, Amministratore Delegato dell’azienda che guidava con polso deciso e grande intraprendenza; i miei si ritirarono in un’isola dei Caraibi dove godevano di un piccolo capitale che mio padre aveva costituito segretamente alle Bermuda; per me era l’apice della conquista, coi genitori al caldo delle spiagge bianche, il mulo a lavorare per tutti ed io a godermi la vita e i cazzi senza muovere un dito.
Cominciai quasi subito; dopo la cerimonia privata del matrimonio, andammo in crociera per il viaggio di nozze e sulla nave incontrammo un imprenditore, concorrente di mio padre, che faceva lo stesso viaggio in compagnia di un figlio trentenne, da poco sposato, che aveva lasciato a casa la moglie e la madre per consentire a suo padre un relax necessario per le sue condizioni di salute; mentre Manlio e suo padre si perdevano in discorsi di lavoro, mi prese per mano e mi portò nella sua cabina.
Mi avvolse in un abbraccio assai caloroso e mi puntò contro la figa una mazza notevole; prima ancora di iniziare a scoparmi, mi avvertì che non potevamo, per la situazione oggettiva, trattenerci a lungo; mi propose però di risolvere al momento con una scopata veloce e di riprendere quando fossimo tornati a terra; non gli risposi perché ancora non avevo idea di come fosse scopare con lui.
Si fiondò sul mio seno con una voglia che sembrava fame arretrata di figa e mi sentii presa in una ragnatela di piacere che non mi dava tregua; era incalzante ma anche abile e dolce a strapparmi piacere e lussuria da tutto il corpo; benché avvezza a scopare, e anche molto, sentivo di raggiungere a ripetizione orgasmi stellari, stimolata dalle sue mani abili a titillare figa, culo, tette e bocca; quando mossi la mano a prendere il cazzo, mi accorsi che era ben oltre i limiti di qualunque individuo normale.
Immediatamente, decisi che doveva essere mio, quel cazzo; e formulai in testa la convinzione che nella nuova condizione di moglie, era opportuno avere un amante di riferimento fisso, oltre a scopare con cazzi casuali, quando capitasse; Eraldo, per la sua condizione di imprenditore concorrente, era un persona facile da frequentare pubblicamente, anche in compagnia di mio marito, stabilendo tra noi una relazione duratura.
Quando mi rovesciò sul letto e mi montò addosso, mi esaltai nella scopata più ‘banale’ che la mia esperienza mi avesse fatto vivere; ma proprio quell’ordinarietà, in una cabina di nave, con mio marito che dialogava con suo padre, mise quel ‘pepe’ alla scopata che me la rese interessante e nuova; cominciò a sbattermi come uno zerbino e mi sentii squassare tutta, dalla figa al cervello; sborrai almeno tre volte prima che fosse lui a inondarmi l’utero con la sua sborra.
Mentre mi rivestivo, dopo essermi lavata la figa, risposi alla sua domanda e gli assicurai che ero disposta ad avere con lui una storia clandestina a patto che restasse segreta quanto possibile e non creasse problemi con mio marito; mi fece notare che anche lui doveva ‘dribblare’ una moglie gelosa e che sarebbe stato più intenso fare le corna proprio per questi piccoli problemi; stabilimmo che avremmo creato un’alcova particolare per i nostri incontri.
Per tutta la durata della navigazione mi scopò quotidianamente, spesso assai a lungo; quando tornammo a terra, ci organizzammo meglio ed io ripresi a scopare, qualche volta nei bar o nelle discoteche, raramente nel mio monolocale nella città universitaria e metodicamente con Eraldo, ormai di fatto mio amante fisso; Manlio non diede nessun segno di capire o di sapere; se invece faceva ‘il pesce in barile’, potevo solo esserne contenta.
Per quasi due anni, mi sollazzai col grosso cazzo di Eraldo che, in un miniappartamento che aveva affittato in centro, mi sfondava settimanalmente in tutti i buchi con passione immutata; quasi per non cedere alla tentazione dell’amante unico, continuavo a succhiare cazzi e a piegarmi a novanta sui lavandini per farmi scopare in figa o nel culo da giovani arrapati che incontravo nei bar che frequentavo o nelle discoteche dove impazzavo.
Con Manlio i rapporti, già tiepidi in partenza, si raffreddarono progressivamente fino ad annullarsi; ogni tanto, gli davo il contentino di una scopata rapida, che ero io ad esigere perché lui pareva non ne avesse mai voglia, non capivo perché; il sospetto che fosse gay o cornuto contento mi assalì più volte ma non volli neppure approfondire e lasciai correre; non mi presi cura nemmeno degli avvertimenti che ogni tanto arrivavano, sulle mire di Manlio di impossessarsi dell’azienda.
Solo molto tempo dopo, per mia disgrazia, scoprii che mio marito era stato assai più furbo di quanto avessi pensato; in sette anni di attività, compreso il primo vissuto ad ‘imparare il mestiere’ da mio padre, aveva costituito capitali all’estero, divisi tra varie banche in diversi Stati Europei e Sudamericani; aveva anche imparato a giocare in borsa con successo e proceduto ad acquisizioni importanti che lo vedevano a capo di un piccolo impero.
Per nascondere le sue trame, aveva costituito una Società che faceva capo a lui e distribuito in varie fondazioni le sue attività; poiché non avevo e non mi interessava avere alcuna dimestichezza con quelle iniziative, non sapevo fare niente altro che presentare le carte di credito per pagare i miei stravizi e i miei lussi; i dolori cominciarono per l’appunto quando quelle carte cominciano ad essere respinte perché mancavano di copertura.
Imprecai e sacramentai contro tutto lo staff dirigenziale; ma non mi riuscì di parlare con mio marito che, stranamente, era evaporato come neve al sole; le mie proteste avevano fortemente irritato i dirigenti, ai quali mi rivolgevo come una tiranna a sudditi inetti; sparirono tutti e si diedero da fare per non essere localizzai da me; uno di loro chiamò mio padre e lo mise al corrente degli avvenimenti, ma nella versione originale della mia follia e della pretesa assurda di vedere tutti proni al mio volere.
Nemmeno una settimana dopo, mi vidi piombare in casa i miei genitori feroci contro di me, colpevole di avere affossato una costruzione delicata come l’impresa realizzata con grandi sforzi e sacrifici da mio padre e responsabile dell’infarto che lui aveva avuto quando gli avevano spiegato i motivi della chiamata repentina; stavo scopando con un operaio bello tosto, nel letto coniugale, quando sentii il campanello esterno; riuscii a cacciare appena in tempo l’ospite occasionale.
Quando mia madre entrò e mi vide uscire in déshabillé dalla camera da letto che recava tracce evidenti di una recente battaglia sessuale, si limitò a guardarmi con occhi di fuoco e a fare un versaccio di nausea; per la prima volta, il rifiuto di accondiscendere ai miei capricci mi esplose in faccia con tutto il peso dello schifo che evidentemente provava; mi irrigidii tronfia e la sfidai tacitamente a contestarmi qualcosa.
Mio padre occupò la camera degli ospiti, senza pronunciare una sola parola; udii che telefonava a Manlio e rimasi molto colpita dal fatto che avesse un numero diretto per contattarlo mentre io ci avevo provato inutilmente per mesi; la mattinata trascorse in un silenzio pesante come il piombo; mia madre si muoveva perfettamente a suo agio nella casa e si occupava di mio padre con un amore che non avevo mai registrato; mio padre invece stentava a contenersi.
Cercava di conservare l’atteggiamento severo, solo burbero con me, che aveva sempre tenuto; parlò pochissimo e per monosillabi, comunicandomi col silenzio il disprezzo profondo che evidentemente provava per una figlia stupida e presuntuosa che, per soddisfare i suoi pruriti di figa, aveva distrutto il lavoro di tutta la sua vita; sola davanti a due giudici implacabili, risolsi di rifugiarmi in bagno, per lavarmi e mettermi in ordine, in realtà per evitare di parlare.
Manlio arrivò appena dopo pranzo, con una grande borsa zeppa di documenti e materiali vari; salutò calorosamente mio padre, abbracciò affettuosamente mia madre e, contrariamente a quanto avevo fatto io, chiese immediatamente informazioni sullo stato di salute di mio padre dopo l’infarto; mia madre gli rispose che era stata una brutta botta con gravi conseguenze specialmente sulla virilità; per una strana concatenazione, si era ritrovato debole di cuore e impotente.
Mio marito scherzò sul fatto che, alla sua età, il problema risultava lieve e rimediabile con l’uso di altri strumenti, i vibratori, le mani e la bocca; il problema, scherzò ancora, era per lei che doveva trovarsi un’alternativa; mamma, scherzando ma non troppo, gli rispose che aveva anche pensato a suo genero visto che la figlia si sollazzava in altro modo e con altri soggetti; mio padre, dopo avere assicurato che Annamaria, sua moglie, poteva adottare le soluzioni che preferiva, gli chiese conto dell’azienda.
Manlio non rispose a parole; inserì una chiavetta USB nel portatile e presentò ai suoceri un filmato; c’ero io che andavo ad aprire la porta di casa e ricevevo il mio amante storico già in slip e reggiseno; mentre ci avviavamo alla camera, lui mi aveva già spogliata di tutto e mi stava martoriando il clitoride con due dita in figa; ci fermavamo ad ogni passo e ci baciavamo con intensa lussuria; entrati in camera, lo fermai ai piedi del letto e lo spogliai.
Di fronte al suo cazzo ritto come un fuso, mi abbandonai alla più lasciva delle masturbazioni, godendo apertamente del piacere della sensazione del cazzo che mi scorreva nella mano; mi sedetti sul letto, tirai a me lui per le natiche forti e appoggiai la punta del cazzo sulle labbra; le aprii delicatamente, solo un poco, e mi feci penetrare la bocca come una figa vergine; la lingua svariava su tutta la mazza e si dedicava, in bocca, alla cappella che passava da una gota all’altra ed entrava in gola, fino in fondo.
Vedevo i miei inorridire di fronte a quella scena di aperta prostituzione, che giammai si sarebbero aspettati dalla figlia, per quanto troia potessero immaginarla; quando lui si abbassò sulla figa e cominciò a leccare con grande maestria, le urla di piacere che lanciavo mentre godevo come una matta scossero ancora mio padre che denunciava evidenti difficoltà ad accettare una realtà di cui si sentiva in parte responsabile.
Le immagini successive stravolsero ancora più chiaramente mio padre ma soprattutto mia madre; nella sua vita, mai era giunta a tali eccessi, pur confessando che, con suo marito, aveva fatto esperienze notevoli di trasgressione, ma sempre entro certi limiti e, soprattutto, senza offendere l’uomo che amava e che le era compagno di vita da tanti anni; l‘idea che io, sua figlia, scopassi con tanta volgarità con un estraneo contro mio marito la distruggeva.
Quando mi montò alla missionaria, la tensione un poco si allentò; ma, subito dopo, quando lui mi infilò il cazzo, a pecorina, in fondo all’utero e, semplicemente spostando un poco la cappella, mi inculò quasi con ferocia, mio padre ebbe un piccolo malore, mia madre una smorfia di schifo; mi precipitai a spegnere la visione urlando.
“Non potevo fare altrimenti con un marito impotente, ipodotato, frocio e guardone!”
Mio padre ebbe un moto di dolore e si piegò per un attimo; mamma corse a prendere dell’acqua ed un medicinale, glielo somministrò e lui si riprese rapidamente; mio marito si scusò per l’incidente e spiegò che quello era solo uno degli infiniti video che la sorveglianza gli aveva consegnato; chiarì che sin da adolescente ero stata famosa per le mie pratiche sessuali sconsiderate e che per tutto il tempo lo avevo cornificato fino a quella stessa mattina.
Tentai di ribellarmi urlando che ci ero arrivata perché avevo un marito assolutamente inadeguato; mio padre mi guardò con l’aria di avere per me tanta compassione perché ero bambina e bugiarda; sbalordendoci tutti, invitò mia madre a sperimentare la verità di quel che dicevo; se davvero pensava a suo genero come possibile amante, non era difficile verificare se la dotazione di Manlio fosse insufficiente per una donna normalmente desiderosa di sesso; chiese a lui se fosse disposto alla verifica.
Lasciandomi totalmente inebetita, mia madre si accostò a mio marito che dimostrò palesemente di aderire alla richiesta standosene fermo; gli aprì la patta e tirò fuori la ‘bestia’ che, anche in stato di riposo, era notevole; la prese delicatamente in mano e la masturbò finché la mazza si eresse in tutto il suo vigore da 22 e più centimetri.
“Forse, prima di raccontare stronzate, potevi informarti su cosa sapessimo; mi è capitato spesso di andare in bagno con tuo marito; avevo verificato quello che si diceva in fabbrica, che il suo uccello fosse da record; solo una troia imbecille poteva inventarsi una bugia così stupida; Annamaria, se ti è salita la voglia di averlo, la camera è là; io devo guardare molti documenti, non certamente quelli della depravazione di mia figlia; Manlio, se ti va di sostituire la figlia con la madre, fai pure; poi parleremo di come salvare il salvabile.”
Ero una statua di sale; mia madre stava per andare a letto con mio marito; io ci stavo facendo la figura della puttana insaziabile e bugiarda; tutto il mio mondo di capricci, di bugie, di inganni e corna stava crollandomi addosso e l’unica cosa che sapevano fare i miei era di autorizzare un incesto; al pensiero, risi di me stessa che accampavo capziosamente contro Manlio motivazioni etiche dopo avere calpestato per anni tutto, fede, religione, buonsenso e rispetto del lavoro.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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